Sciopero dei medici il 17 e il 18 marzo per rilanciare la sanita’ pubblica: bastano le manifestazioni sindacali od abbiamo bisogno di qualcosa di piu’

Già da più di un mese i principali  sindacati  sia dei Medici Ospedalieri, che dei Medici di  Medicina Generale e dei Pediatri di Libera scelta, hanno annunciato una mobilitazione di protesta contro il governo “a garanzia dell’accesso alle cure e contro l’invadenza pervasiva della burocrazia”. Le procedure ufficiali che porteranno alla manifestazione nazionale della categoria sono state già attivate, come fa sapere il maggiore dei sindacati, l’ANAAO-ASSOMED1. “In assenza di un confronto e di una intesa programmatica con il governo continua come preannunciato – dicono i sindacati – la mobilitazione di tutti i medici, a prescindere dallo stato giuridico, e dei dirigenti sanitari, per il rilancio della sanità pubblica a garanzia dell’accesso alle cure dei cittadini e per la valorizzazione del loro ruolo e del loro lavoro…”. E così la sanità si dovrebbe fermare, per la prima volta nell’ultimo decennio, per 48 ore consecutive, sempre garantendo i servizi di urgenza ed emergenza. E’ innegabile che negli ultimi tempi il SSN e la realtà delle professioni sanitarie  stiano attraversando un periodo “nebuloso”, senza chiare prospettive ed obiettivi di sviluppo:  la nuova normativa sulla responsabilità professionale, l’obbligo di applicazione delle undici ore di riposo fra un turno e l’altro, la crisi economica che si ripercuote sulla necessità di contenimento della spesa  sanitaria, il rallentamento del turn-over con relativo progressivo  invecchiamento del personale del SSN, la riduzione del personale medico ed infermieristico attraverso piani di rientro, sono solo alcuni degli snodi difficili della situazione attuale. Questa precarietà è innegabile, ma necessita di una riflessione e condivisione che prima che sindacale è professionale e implica la responsabilità di ciascuno:

•    riproporre il problema della difesa delle sanità pubblica tout-court rischia di essere demagogico e di non tener presente alcuni aspetti critici presenti. Nella Conferenza  Nazionale della Fondazione GIMBE nel marzo 20152 è stato documentato come ben 25 miliardi di euro sono stati sprecati in sanità nel 2014, circa il 23% del totale della spesa corrispondente a 111,4 miliardi di Euro. Tra le voci che hanno gravato di più  vi sono l’eccessivo numero di prestazioni inefficaci, inappropriate o troppo costose rispetto ai benefici reali che brucia 7,6 mld (30,4%) e  l’inadeguato coordinamento dell’assistenza fra ospedale e territorio, ma anche all’interno di uno stesso ospedale,  che pesa per 2,56 miliardi di euro (10%);
•    il nostro sistema di copertura della spesa del SSN tramite prelievo fiscale, al contrario di altri sistemi europei avanzati che si sostengono anche tramite la   compartecipazione del cittadino con  fondi assicurativi, non aiuta i cittadini ad una corresponsabilità nell’utilizzo dei servizi sanitari evitando comportamenti di “sovra-utilizzo” ed uso improprio di accertamenti e  prestazioni specialistiche  strumentali, ma anche degli accessi al PS.
•    in questi anni non si è mai avviata una seria discussione sull’adeguatezza del sistema contrattuale basato su un contratto collettivo nazionale (CCN) ormai antistorico,  e si è supinamente accettato uno status di impiegati pubblici a basso-medio riconoscimento economico, a basso rischio (che ora invece con l’obbligo di assicurazione sulla responsabilità professionale sta lievitando), scarso riconoscimento del merito e incalzante burocratizzazione del lavoro. La categoria medica che un tempo aveva spessore come “corpo intermedio” attraverso le sue articolazioni professionali ed associative, si è ridotta a categoria impiegatizia a cui sono lasciati solamente gli spazi di contrattazione economica. Lo “status professionale” con i suoi doveri e diritti è definito sostanzialmente dallo Stato.
•    Tuttavia l’esistenza di buone pratiche di cura e di risultati eccellenti, di un buon lavoro professionale in Sanità, è una evidenza che nessuno, utenti e attori, può  negare. L’incremento della qualità percepita, tecnica, organizzativo–gestionale e relazionale è un dato poco rilevato, scarsamente quantificabile, ancor meno valorizzato ma innegabilmente sperimentabile per chi frequenti le nostre strutture sanitarie ospedaliere o gli ambulatori di medicina generale. E la giusta osservazione che questo incremento non sia uniformemente distribuito in ogni ambito non è sufficiente a negarne l’esistenza, proprio perché   è  da molti sperimentato ed anche documentato.
Lungi da entrare nel merito dei motivi che hanno spinto le organizzazioni sindacali allo sciopero, ci appare riduttivo far sentire la nostra  voce di  professionisti solo attraverso uno sciopero, modalità di protesta peraltro troppo datata al punto da risultare inefficace e che in Sanità può provocare sofferenze agli utenti come ai professionisti. Pensiamo veramente che “protestando” per ottenere attenzione da parte del Governo (perché  è questo che faremo)  recupereremo la dignità professionale misconosciuta o perduta? E’ il momento di alzare la voce e occupare spazi di potere, oppure è il momento di iniziare processi di cambiamento? E’ evidentemente  di gran lunga più ragionevole, realistica e responsabile  la seconda opzione.  Pensiamo veramente che uno sciopero possa miracolosamente sistemare tutte le carenze, i disservizi, i problemi che affliggono il mondo della sanità? La seconda opzione implica tuttavia il riconoscimento della propria identità e dignità professionale che, ben lungi dall’essere definita dallo Stato,  gli è pre-esistente;  è un fatto evidente, che  comprende  non appena gesti tecnici ma rapporti di cura i quali coinvolgono non solo risorse ma anche e soprattutto persone. Di  conseguenza questo implica l’impegno a costruire ed a costituire dei gruppi di lavoro su tematiche specifiche, anche,  e perché no, trasversali a sindacati, società scientifiche e Ordini Provinciali, gruppi  che abbiano l’ardire di proporsi come interlocutori competenti per il ministero ed i suoi funzionari. Abbiamo una certezza sperimentata: quando i professionisti della sanità cominciano a lavorare insieme su tematiche precise, con uno scopo condiviso che è ricercare e praticare il bene  di chi si rivolge a loro (i pazienti), impegnandosi nelle strutture ed organizzazioni in cui tutti collaborano con responsabilità  a questo, i cambiamenti avvengono. Uno Stato non si regge da solo;  senza il sussidio di corpi “sociali intermedi” che sperimentino e rendano percorribili nuove strade per il cambiamento  ogni decreto ministeriale rischia di fallire l’obiettivo.   In molti luoghi del nostro Paese ci sono  esperienze innovative e vitali che rispondono a questi requisiti. Chiediamo ai nostri lettori di renderle pubbliche perché la loro conoscenza superi l’ambito locale in cui accadono, e  possano costituire spunto di lavoro per altri ed aiutare tutti a recuperare la “dignità” professionale.

L’indirizzo  a cui inviare i vostri contributi su temi specifici di cura e organizzazione del lavoro, è:

segreteria@medicinaepersona.org

A cura di Raffaele Latocca
  1. http://www.insalutenews.it/in-salute/sciopero-dei-medici-17-e-18-marzo-2016-attivate-le-procedure-ufficiali/
  2. http://www.agenas.it/gimbe-per-il-disinvestimento-in-sanita

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